Carlo Freccero ha affermato recentemente che il motivo del successo della trasmissione Affari tuoi sta nella ludopatia congenita degli italiani. Il che è probabilmente vero ma non rende giustizia a una caratteristica di quella trasmissione che invece vale la pena evidenziare. Perché chiunque l’abbia seguita anche solo per una puntata si è certamente imbattuto in un dispositivo antropologico particolarmente interessante.
Non c’è infatti concorrente – tranne rarissime eccezioni – che, dovendo scegliere quale pacco aprire, non si affidi a complesse alchimie numerologiche: date di nascita o, il più delle volte, di morte di nonni o genitori, il giorno del fidanzamento, un numero sognato o scritto per caso da una bambina di due anni su un foglio il giorno prima della trasmissione. Ovviamente, ogni ‘calcolo’ si rivela alla prova dei fatti infondato: anche chi si affida al potere magico della data del trapasso della nonna che tanto lo amava viene tradito dal relativo pacco non vincente (e, implicitamente, dalla defunta).
Cosa spinge i concorrenti a perdersi in complicati e palesemente inutili intrugli numerologici? Banalmente, il fatto che la posta in gioco è alta e che non ci sia talento o ragionamento che possa favorire una vittoria. Anzi, che ci sia uno scontro con un antagonista, il notaio, che invece conosce il valore di tutti i pacchi e gioca con la corrispondente ignoranza dei concorrenti. In questa lotta impari, piuttosto che prendere atto che una vincita potenzialmente così rilevante sia legata alla sola fortuna, molti preferiscono sperare che ci sia un grande ordinatore cosmico-aritmetico che si preoccupa di far viaggiare in sincrono i pacchi televisivi e le date importanti delle loro vite.
Ma attenzione a derubricare la cosa a simpatico folklore. Scegliere un pacco affidandosi a un calcolo così sgangherato non è diverso dall’andare in pellegrinaggio o dal sedersi sempre nella stessa posizione quando si guarda una partita di calcio. In tutte le occasioni nelle quali sappiamo che l’esito di un evento per noi importante non dipende dalle nostre azioni e da competenze razionali, attiviamo una protezione; non riusciamo ad accettare di essere sottoposti a un caos incontrollabile, a volte beffardo se non aguzzino, e alziamo argini, ci affidiamo a un racconto (religioso, numerologico, rituale) di senso, un racconto che ipotizzi che da qualche parte ci sia un senso.
Una serie di persone che hanno davanti l’occasione della vita ma devono giocarsela in modo del tutto casuale contro un antagonista invisibile che invece sa tutto: Affari tuoi è una efficacissima lezione di antropologia filosofico-teologica perfettamente mascherata da intrattenimento prime time. E ci piace non soltanto perché siamo tutti un po’ ludopatici. Ci piace perché è una declinazione easy e non truculenta della tv del dolore, simile, nonostante i suoi toni ridanciani e apparentemente innocui, a tutte quelle occasioni nelle quali ci viene data la possibilità di guardare i nostri simili andare a sbattere contro la fragilità che tutti ci portiamo appresso, sperando che, anche solo una volta, anche solo aggrappandosi alla data di compleanno della nonna morta, a vincere non sia il caos.