Vedere la RAI solo a Capodanno. Scroccare una sigaretta. Maledire il traffico e i temporali. Guardar male la signora che ha saltato la fila. Comprare mobili inutili ma montarli lo stesso. Disprezzare il fisco. Provare a decrescere felicemente mentre nel frigo la roba va a male. Litigare per i parcheggi che sono sempre troppo pochi e per le precedenze che nessuno rispetta alle rotonde. Coltivare i nostri piccoli, irrinunciabili abusi di potere. Indignarci un tanto al chilo e per un tempo contenuto.
Spiegare molto male agli altri cose che noi per primi abbiamo capito molto poco. Comprare libri per dare un senso ai comodini. Silenziare il telefono, ignorare i messaggi. Ammalarsi. Tralasciare le persone e le loro umoralità. Sventare dal divano complotti planetari. Spegnere una candelina. Tradire. Rincorrere bambini. Seppellire chi se ne va. Digerire un ‘no’. Rompere gli orologi. Combattere per salvare il pianeta e per un ombrellone in prima fila. Ritornare a casa.
Tutto questo, prima o poi, ci sembrerà di nuovo normale. Perchè la nostra normalità è il diritto di essere quotidianamente, autoreferenzialmente mediocri e temerari, geniali e banali a minuti alterni, nei giorni pari, nei mesi freddi o quando ci pare. E invece questi giorni senza suoni e con poca aria ci costringono a tramutare i nostri piccoli, legittimi egoismi quotidiani nello sforzo prolungato di un eroismo che va al di là della nostra media personale, nazionale e di specie. A convivenze forzose, a lontananze sanguinanti, ad asimmetrie sociali che ci richiedono, giorno per giorno, ora per ora, la coerente, condivisa, sobria e composta accettazione di limiti, regole, fini comuni.
Per questo, quando tutto tornerà normale sarebbe bello poter riannodare i fili della nostra libertà personale e sociale ricordandoci di questi giorni strambi nei quali siamo stati inaspettatamente capaci di rinunciare al diritto di fare ciò che ci pare per accettare il dovere di fare ciò che si deve.